E’ stato deciso a tavolino il campionato di basket di A2. Altro che strisce di vittorie e battaglie punto a punto.
E’ bastata una intervista al presidente della Federazione, Gianni Petrucci, per dare mandato al giudice sportivo di escludere Siena dal torneo nel giro di tre giorni riscrivendo la classifica e creando un precedente singolare.
Schierando una formazione fatta di juniores e perdendo l’ultima gara di 30 punti, Siena avrebbe mantenuto un comportamento antisportivo equiparabile ad una seconda rinuncia (la prima era stata la settimana precedente).
Ed a nulla è valso il pagamento della rata di iscrizione al campionato giunto per il rotto della cuffia, né che ormai la stagione sia agli sgoccioli.
A farne le spese quelle squadre che avevano vinto nel girone di andata, tra cui l’Orlandina, cui il giudice sportivo ha azzerato i risultati.
In sostanza scopriamo che, dopo 25 giornate su 30, Siena non c’era.
Al contempo possono festeggiare squadre che nel girone di andata, contro Siena (oltretutto iscritta al campionato nonostante fosse notorio che avesse difficoltà tanto da partire con 3 punti di penalizzazione), avevano lasciato le penne. Tra queste la potentissima Virtus Roma, corazzata creata per vincere il campionato, rappresentante della Capitale, e che in A2 c’era finita per scelta. Già, due anni fa, il presidente Petrucci autorizzò i capitolini ad autoretrocedersi per evitare l’esclusione dal professionismo per questioni economiche. Robe da circoli sportivi romani, più che da Federazioni nazionali.
Del resto che le rappresentanti di grandi città godano di un occhio di riguardo, in questo sport, non è mistero, tanto che il presidente Petrucci ebbe a dire lo scorso anno che “pur non tifando per un club, tifava per la città di Roma perché il basket diventa più popolare con la presenza delle grandi città”. E pazienza se pagine storiche di passione, in questo sport sono state scritte da Roseto, Cantù, Montegranaro, Jesi, Capo d’Orlando o Biella. In questo sport è meglio un palasport da 15.000 posti vuoto che la passione, l’entusiasmo e la voglia di emergere di piccoli centri.
Così, negli anni, abbiamo assistito a squadre fallite e tenute in vita artificialmente, a casi come quelli di Napoli in cui nessuno intervenne con la radiazione “perché altrimenti si sarebbe falsato il campionato”, a ridicole wild card per tutelare i club blasonati, a scandalose partite regalate per salvare la società amica. Tantomeno Petrucci si stracciò le vesti di fronte alla sola vittoria di Imola nel campionato 2013/14, con una squadra costretta a tesserare addirittura il proprio allenatore come giocatore e perdendo una gara di 56 punti.
Adesso a Roma basterà anche subire una sconfitta nelle prossime 4 gare per coronare gli investimenti della scorsa estate. Mentre ci attendono mesi di ricorsi e polemiche.
In fondo si poteva evitare tutto in maniera più semplice: fare un bel campionato delle grandi città, ad invito (come avviene nell’Nba) e solo con quelle società che hanno vinto tra gli anni ’70 ed ’80. Sarebbe tutto, nettamente, più serio.