In Sicilia un bambino su tre vive in condizioni di povertà relativa, ha difficoltà ad accedere ai servizi per la prima infanzia, non fa sport e crescendo rischia di finire nella schiera dei Neet, ossia persone che non studiano, non lavorano e non seguono un percorso di formazione. Un numero sempre in crescita che, sull’Isola, sfiora il 40 per cento. E’ questa la fotografia del decimo Atlante sull’infanzia a rischio di Save the children, presentato oggi a Catania e in altre nove città italiane.
Sull’Isola il 34,3 per cento dei minori vive in condizioni di povertà relativa, un dato al di sopra della media nazionale che si attesta al 22 per cento. Una condizione che coinvolge, appunto, più di 1 minore su 3. Non va meglio per i servizi dedicati all’infanzia e sul fronte scuola: soltanto il 5,2 per cento dei bambini siciliani ha accesso agli asili nido e più di un ragazzo su 5 abbandona la scuola (22,1 per cento), mentre la media nazionale si ferma al 14,5. Le scuole, in Sicilia, restano luoghi insicuri dove fare sport è spesso impossibile. Le palestre non esistono o sono off limits, senza considerare che oltre il 70 per cento degli edifici scolastici è senza il certificato di agibilità. Un numero ben superiore alla media nazionale del 53,9 per cento.
I bambini e i ragazzi, inoltre, leggono sempre meno e non fanno sport. Un minore su 2 in Italia non apre un libro durante l’anno, un dato che in Sicilia sale al 68,9 per cento (la regione è l’ultima in classifica). Anche lo sport resta per molti un privilegio: in Italia meno di un minore su cinque (tra i 6 e i 17 anni) non fa sport, con la Sicilia che svetta in negativo con il suo 34,4 per cento, il dato più alto in Italia.
“I danni provocati in quest’ultimo decennio dall’inerzia della politica – dice Alessio Fasulo, referente territoriale di Save the Children in Sicilia – dai mancati investimenti nei servizi per la prima infanzia, nella scuola, nelle politiche sociali sono sotto gli occhi di tutti e hanno colpito anche la nostra regione. Insieme alle diseguaglianze intergenerazionali, si sono acuite le diseguaglianze geografiche, sociali, economiche, tra bambini delle aree centrali e delle periferie, tra italiani e stranieri, tra figli delle scuole bene e delle classi ghetto. Si sono divaricate le possibilità di accesso al futuro”.