Un gruppo di Volontari, si ferma, prima di avviarsi per i sentieri dei bosco. Davanti l’obiettivo, sorridono, scattano e postano la foto che noi pubblichiamo, non trovando nulla di male. Sappiamo far la differenza tra chi posta una foto su una preda, chi la utilizza per fini politici, chi lo fa senza rispetto delle regole e per quanto accade intorno a se.
Non scendiamo nella disquisizione sull’opportunità o meno di quello scatto, la lasciamo agli altri.
Quello è.
Siamo liberi di postare le foto che vogliamo, come si è liberi di criticare questa scelta.
E’ il bello della democrazia.
Noi facciamo il nostro lavoro, e lo facciamo BENE utilizzando le foto, i video i testi che riteniamo opportuno. Da professionisti quali siamo accettiamo le critiche da chi ovviamente è libero e può farlo. Può non seguirci più e se lo ritiene può criticarci e continuarci a seguire. Libertà.
I Volontari, come quelli della foto, prestano i loro servizi e poi fanno anche questo. Fanno i Volontari… dedicano il loro tempo, come in questo caso, a cercare un medico disperso tra i boschi.
La foto, quasi un rito scaramantico, non è né irrispettosa, né da perditempo, né qualunquistica. Forse un modo per fare gruppo, al pari di un “batti cinque”… Allora cosa dovremmo dire in questo caso che non c’è nulla da dover batter le mani?
E poi aggiungiamo: Per un selfie “social” l’importante è sempre quella di dirigere la fotocamera verso il mondo e non verso se stessi, ed è quello – come abbiamo voluto interpretare in questo caso – di voler raccontare se stessi agli altri, di voler condividere la propria immagine, come in questo caso quella di un gruppo, nel momento del fare lo scatto.
I nuovi mezzi espressivi conducono a nuovi risultati. Diventano specchio dei tempi.
A volte un selfie rimane uno scatto semplice, in cui oltre l’immagine non c’è più nulla. Questo quando dietro non c’è più storia, e resta la vuota riproposizione della propria immagine, urlata, sbattuta in faccia agli altri. E non ci pare che questo era il caso in questione. Abbiamo pubblicato quella foto, e non dobbiamo giustificare nulla a nessuno, perché l’abbiamo ritenuta non frutto di una cultura narcisista ed egocentrica che, intenta a camminare osservando sé stessa dimentica di prendere in considerazione cosa accade al margine della via.
Quella fotografia per noi vale quasi come un fermo-immagine di un istante anche per mostrare il volto di una realtà quella del volontariato che rispettiamo.
Per la cronaca, l’anziano medico, oggetto della ricerca, dopo quattro giorni è stato ritrovato. Anche grazie a loro. Ora avranno da che sorridere, e forse nessuno se ne lagnerà.
Medico ritrovato: a proposito della foto, noi la pensiamo così. I commenti restano sui social
Un gruppo di Volontari, si ferma, prima di avviarsi per i sentieri dei bosco. Davanti l’obiettivo, sorridono, scattano e postano la foto che noi pubblichiamo, non trovando nulla di male. Sappiamo far la differenza tra chi posta una foto su una preda, chi la utilizza per fini politici, chi lo fa senza rispetto delle regole e per quanto accade intorno a se.
Non scendiamo nella disquisizione sull’opportunità o meno di quello scatto, la lasciamo agli altri.
Quello è.
Siamo liberi di postare le foto che vogliamo, come si è liberi di criticare questa scelta.
E’ il bello della democrazia.
Noi facciamo il nostro lavoro, e lo facciamo BENE utilizzando le foto, i video i testi che riteniamo opportuno. Da professionisti quali siamo accettiamo le critiche da chi ovviamente è libero e può farlo. Può non seguirci più e se lo ritiene può criticarci e continuarci a seguire. Libertà.
I Volontari, come quelli della foto, prestano i loro servizi e poi fanno anche questo. Fanno i Volontari… dedicano il loro tempo, come in questo caso, a cercare un medico disperso tra i boschi.
La foto, quasi un rito scaramantico, non è né irrispettosa, né da perditempo, né qualunquistica. Forse un modo per fare gruppo, al pari di un “batti cinque”… Allora cosa dovremmo dire in questo caso che non c’è nulla da dover batter le mani?
E poi aggiungiamo: Per un selfie “social” l’importante è sempre quella di dirigere la fotocamera verso il mondo e non verso se stessi, ed è quello – come abbiamo voluto interpretare in questo caso – di voler raccontare se stessi agli altri, di voler condividere la propria immagine, come in questo caso quella di un gruppo, nel momento del fare lo scatto.
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