E’ di oltre duemila pagine l’ordinanze di custodia cautelare dell’operazione “Nebrodi” firmata dal Gip del tribunale di Messina Salvatore Mastroeni. Sono 194 le persone coinvolte a vario titolo, 94 le persone arrestate – 48 in carcere e 46 agli arresti domiciliari, un giro d’affari di oltre 10 milioni di euro, 151 le aziende agricole sequestrate, un giro che sarebbe stato possibile grazie all’apporto compiacente di ex collaboratori dell’Agea, di un notaio e di numerosi responsabili dei centri di assistenza agricola.
Nei capi di imputazione anche intercettazioni, acquisizioni documentali e perquisizioni. Con questi numeri, già ieri questa operazione è stata considerata è una delle più vaste operazioni antimafia eseguite in Sicilia e la più imponente, sul versante dei Fondi Europei dell’Agricoltura in mano alle famiglie mafiose, mai eseguita in Italia e all’Estero. Tra gli elementi di novità è emerso anche che le somme provento delle truffe sono state ricevute dai beneficiari su conti correnti aperti presso istituti di credito attivi all’estero e, poi, fatte rientrare in Italia attraverso complesse movimentazioni economiche, finalizzate a fare perdere le tracce del denaro.
Ciò a dimostrazione del fatto che l’organizzazione mafiosa, grazie all’apporto di professionisti, ha dimostrato di avere una fisionomia moderna e dinamica, decisamente lontana dallo stereotipo della “mafia dei pascoli”. Questi i reati contestati: associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Un’operazione che poggia su un elevatissimo numero di truffe finalizzate ad ottenere ingenti contributi erogati dalla Comunità Europea sui fondi agricoli.
Due le deleghe di indagini affidate dalla Dda e avviate dal 2013: una per il Gico della Guardia di Finanza di Messina ed una ai Carabinieri del Ros, del comando provinciale di Messina e del comando tutela agroalimentare. Quella del Ros ha consentito di ricostruire l’attuale assetto e operatività del clan dei “Batanesi” e quella del Gico si è concentrata su una costola del clan Bontempo Scavo.